STORIA DEL GIALLO ITALIANO


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    Già nell’immediato dopoguerra l’editoria ‘gialla’ italiana si presenta con una miriade di iniziative, ricche di spunti, ma disorganiche e di effimera durata: in Roma liberata i primi ‘gialli’ compaiono alla fine del 1944. Collane e riviste nascono e rapidissimamente si spengono a Napoli, a Roma, a Firenze, a Milano e a Torino, lungo i secondi anni ’40. Un unico punto fermo: nel 1946 a Milano risorgono i ‘Libri Gialli’ Mondadori (poi Il Giallo Mondadori), la più celebre serie periodica di narrativa poliziesca, che ben presto alimenta collane parallele (Gialli Economici Mondadori, 1948; Il Supergiallo Mondadori, 1952; I Capolavori dei Gialli Mondadori, 1954). Si deve giungere ai primi anni ’50 per vedere impegnati sul mercato giallo altri due grandi editori milanesi: Longanesi e Garzanti, rispettivamente con i Gialli Proibiti (1952) e con la Serie Gialla Garzanti (1953). Se si aggiungono almeno altre venti case editrici, presenti in questo contesto, risulta evidente che a Milano all’inizio del decennio ’50 si realizza il monopolio pressoché esclusivo della produzione gialla, quando con ‘giallo’ s’intenda, ed era già un assioma negli anni ’30, il poliziesco anglosassone (inglese e americano).

   A Roma, fatta eccezione per alcune fugaci apparizioni (I Gialli Illustrati, 1950; Detective, 1952; Manhunt, 1954; Tre Gialli 1954-55, ecc.), l’unico degno concorrente dello strapotere editoriale milanese è costituito da I Gialli del Secolo (1952-58) dell’editore Casini, che offrono un’ampia scelta di autori, quali: J.D.Carr, J.H.Chase, R. Stout, E.Crispin, B.Halliday, finché alla fine del 1956, tra altre ragioni di carattere economico, la difficoltà di assicurarsi una produzione anglosassone da concorrenza comincia a diventare insostenibile.

   Ed é proprio in questo torno di tempo, esattamente nel 1955, che prende il via in ambito romano un fenomeno di straordinario sviluppo. Tre fatti vi concorrono. Il primo è esemplificato dal tentativo, compiuto in sede milanese (Mondadori), di proporre un giallo d’autore italiano (1955-56: Enna, Donati, Ciabattini), tentativo fallito, stante l’assioma, Giallo = Usa e Gran Bretagna. Il secondo é la constatazione che esistono ancora settori di mercato da colmare, soprattutto presso quei lettori che si sono formati al giallo più attraverso il cinema (naturalmente americano!) che attraverso la lettura dei classici del mystery, e quindi prediligono il romanzo d’azione e il thriller. Il terzo fatto è costituito dall’ostacolo di sempre: i costi degli originali inglesi e americani sono troppo alti, soprattutto per i piccoli editori. Ne consegue un’ovvia soluzione: la produzione di testi ‘anglosassoni’ fatti in casa a basso costo.

   Il 1° luglio 1955 nascono a Roma I Narratori Americani del Brivido (Editore E.P.I.): primo titolo, Avventura a San Diego di Larry Madison (ovvero Giovanni Ugo Simonelli). A fine anno compaiono altre due collane di diverso editore, tra cui I Gialli Polizieschi Americani: in tutto 14 fascicoli. L’anno successivo, 1956, gli editori sono sei e pubblicano complessivamente 76 fascicoli. Poi la valanga: nel 1957 i titoli sono 202, nel 1958 339, nel 1959 341, nel 1960 294; in quattro anni vengono editi circa 1100 romanzi. Dal 1955 al 1960 sorgono (e spesso e in breve muoiono) ben 55 collane poliziesche, pressoché tutte composte da testi di autore italiano… sotto pseudonimo inglese! E si tenga presente che si tratta di cifre appprossimative per difetto, data la difficoltà di ricostruire con esattezza un percorso editoriale assolutamente non registrato.

   Si assiste ad una sorta di movimento a spirale ciclonica: molti periodici scompaiona dopo pochi numeri (I Gialli del Ragno, I Libri Neri, I Gialli del Terrore, Mystery Book, ecc.), oppure ricompaiono con titolo mutato (I Romanzi della Notte, I Gialli della Notte, Romanzo Nero – Romanzo Giallo – Black Series, Omicide Squad Gialli Broadway, ecc.). Gli editori in continua metamorfosi, spesso soltanto di nome, s’identificano alle volte con i direttori di collana o addirittura con gli autori: una fantomatica Adriana Rocchi dà nome ora alle edizioni Adriana, ora alle edizioni Rocchi, ora alle edizioni Adriana Rocchi; Luigi M. Fava è contemporaneamente editore, direttore ed autore di tutti i romanzi di quattro collane con una ventina di pseudonimi (I Gialli Allucinanti, 1960-61; I Gialli di Margot, 1960-61; I Gialli della Piovra, 1961-62; I Gialli dell’Asso di Picche, 1961-62).

   Dei 55 periodici degli anni 1955-60, 24 non superano il 1960, 9 si bloccano al 1961, 6 al 1962, ma sono subito rimpiazzati da altri ancora più numerosi in un divenire incessante. Campioni assoluti di durata sono I Narratori Americani del Brivido e I Gialli dello Schedario che, pubblicati dalla stessa camaleontica successione di editori, sopravvivono fino al 1981, grazie a pesanti concessioni al triviale (con gli anni ’70 sono ‘vietati ai minori di 18 anni’); seguono nella graduatoria I Gialli Vietati – I Nuovi Gialli Vietati, 1956 -1967, e I Gialli Polizieschi Americani, 1955 -1962, i quali saltuariamente incorporano autori australiani e britannici di bassissimo costo.

   E la corsa continua: nel 1961 si pubblicano 302 fascicoli, nel 1962 si scende a 219, fino a toccare i 158 nel 1963. L’ascesa riprende con l’apporto del romanzo di spionaggio (Agente Sefreto, 1965-71; Il Cerchio Rosso, 1964-72, ecc.) e del suspense-horror (I racconti dell’Angoscia, 1965-67, ecc.): 238 fascicoli nel 1964, 284 nel 1965, 231 nel 1966. Poi comincia inarrestabile il declino: dai 202 titoli del 1967 si cade ai 108 del 1968, ai 114 del 1969, ai 154 del 1970. Nel 1971 sopravvivono 7 collane, di queste 5 pervengono al 1972 e solo due lo oltrrepassano. I rimpiazzi sono scarsi: un fugace periodico del 1971 (8 numeri), I Gialli dell’Ultima Ora, sigla definitivamente, con involontario umorismo, la fine del fenomeno. Molte, generali e complesse le ragioni della fine, che ci  limitiamo a suggerire: mutamenti di mercato (è sorta un’editoria periodica massiccia e dilagante, che va dal fumetto alle riviste per ‘uomini soli’), difficili condizioni economiche, mutamenti generazionali, di costume e di gusto, ecc.; in campo poliziesco può nascere persino il giallo italiano d’ambiente italiano (vedi il grandissimo Scerbanenco).

   Ma il bilancio del quindicennio 1955-1970 è grandioso. Gli oltre 3000 fascicoli ‘gialli’, provenienti dall’editoria romana, hanno inondato le edicole italiane ed hanno fatto tremare, lo si deduce da testimonianze contemporanee, il monopolio dei grandi editori milanesi. Almeno 2800 romanzi, e si pecca sempre per difetto, sono di autore italiano. Anche se il mimetismo ‘all’inglese’ del giallista italiano non era ignoto agli anni ’30 e al dopoguerra, anche se esso è diffuso alla spicciolata in tutto il resto d’Italia in questo stesso periodo, qui, in ambito romano, ha le dimensioni di un fenomeno. Semmai trova riscontro in analoga situazione del giallo francese per gli anni 1945-55, anch’essa originata, pur con peculiari differenze, da simili ragioni di mercato: e vengono subito in mente, tra gli innumerevoli, i casi celebri di Boris Vian con lo pseudonimo Vernon Sullivan e di Léo Malet, diventato Frank Harding e Leo Latimer.

   Alla sterminata e sistematica produzione sommersa romana concorrono decine e decine di autori, per i quali il desiderio e/o il piacere di narrare si coniuga di necessità con motivazioni di ordine ‘alimentare’. Da un lato troviamo quindi uno stuolo di ‘forzati’ della scrittura dai ritmi di lavoro incredibili: anche due romanzi al mese (un Renato Carocci totalizza in 7 anni almeno 126 romanzi gialli), quando si sappia che molti scrivono contemporaneamente per gli stessi editori romanzi di fantascienza, di guerra, romanzi storici, sentimentali ed erotici. Spesso sottopagati (a metà degli anni ’60 un romanzo viene pagato da editori avventurieri anhe solo 50.000 lire) e senza alcuna partecipazione agli utili, sono avviliti nella loro identità dall’imposizione dello pseudonimo inglese, anche se alle volte nell’improbabilità fonetica o nella sottintesa ironia di certe ‘firme’, si può avvertire un moto beffardo di ribellione: Lawrence O’Barbeer, Plaiam Keinor, Hexitz Zoster, Pamon Niagar, Enendel Enson, Bad Fellow, Priam Woodleg, ecc. Alcuni editori consentono a che l’autore figuri come traduttore del proprio testo ‘inglese’, ma spesso anche il nome del traduttore è posticcio. Il numero dei testi di uno stesso scrittore è talmente alto che, oltre ad usare decine di pseudonimi, deve differenziarsi anche come traduttore: Giovanni Ugo Simonelli ‘traduce’ col nome per intero, come Giovanni Ugo e come Nino Nelli. Alcuni usano persino i nomi di amici e parenti. Pseudonimi e personaggi di serie di successo sono affidati in successione a diversi autori dall’editore, che vuole evitare richieste economiche maggiori. Molto spesso poi non figura nemmeno la magra soddisfazione della ‘traduzione’: centinaia di pseudonimi rimangono non identificati.

   D’altro lato c’è un risvolto positivo. Da questa massa anonima, che sembra legata alla fugacità di copertine multicolori dalle donnine discinte, emerge nonostante tutto una schiera, più numerosa di quanto non appaia, di narratori ‘professionisti’ (quelli, beninteso, sopravvissuti all’usura), forgiati in modo tale da far invidia alla tradizione americana, che mitizza l’obbligatorio, lungo, costante, duro tirocinio dello scrittore. Sullo sfondo di città americane di cartapesta, attraverso manierismi mediati dal cinema, essi realizzano intrecci ingegnosi, situazioni e ritmi svolti con chiarezza, fantasia e humour, soprattutto quando dal pastiche, dalla mera imitazione inevitabilmente travalicano nella parodia. Perchè è proprio la parodia la cifra di lettura di questa narrativa gialla nelle sue migliori realizzazioni e in essa trovano ragione di essere gli eccessi, le illogicità, le fantasie gratuite, persino le apparenti ingenuità, aspetti di un gioco intelligente e ironico, che dà economia, spessore e complesse sfaccettature alle diverse personalità d’autore. Si evidenzia comunque una grande capacità di narrare e di comunicativa, che porta naturalmente questi scrittori al cinema e alla televisione. Già nel 1959 Mario Casacci e Alberto Ciambricco (ovvero Bill Coleman, Rex Sheridan, Mike Mitchell, Al Chambry, ecc.) aprono la via, trasferendo in TV le storie di grandissimo successo del tenente Sheridan. A partire dai primi anni ’60 e via via lungo tutto il decennio, avviene il passaggio sempre più consistente dalla narrativa alla sceneggiatura, ed anche alla regia cinematografica e televisiva, tanto da caratterizzare tutta una produzione di spettacoli western, avventurosi, polizieschi, horror, umoristici, fino agli anni ’80 e fino ai giorni nostri. Citiamo tra questi autori, alla rinfusa, Dino De Rugeriis, Rodolfo Marzano, Italo Fasan, Andrea Bianchi, Alfio Caltabiano, Renato Carocci, Aldo Crudo, Piero Regnoli, Gianfranco Parolini, Mario Raffi, Giovanni Simonelli, Ugo Moretti, Sergio Paolini, Stelio Silvestri, Franco Marotta, Laura Toscano, Stanis Mulas e tanti altri ancora, da riscoprire e da studiare. Alcuni, nei primi tempi e soprattutto in ambito western e giallo, si trascinarono dietro l’odiatamato pseudonimo anglosassone, ma ben presto poterono affermare la propria identità. Altri recentemente hanno riaperto una seconda brillantissima stagione letteraria: valgano per tutti gli ottimi romanzi di Laura Toscano.

Pirani Roberto, Le collane poliziesche romane dal 1955 al 1970. Note generali. “Delitti di Carta”, CLUEB, Bologna, n°1, ottobre 1997, pp.78-80